Le norme HACCP sulla pavimentazione per la conservazione alimentare

Chi lavora nel settore alimentare deve essere a conoscenza di diverse regole e principi da seguire per svolgere la propria attività. Tra gli aspetti che devono necessariamente essere considerati figurano senz’altro le norme HACCP sulla pavimentazione per la conservazione alimentare.

Tali regole fanno parte di un protocollo che ha l’obiettivo di assicurare la produzione ed il confezionamento di alimenti in sicurezza ed igiene, e di prevenire eventuali criticità di sistema. 

Nello specifico, nei successivi paragrafi andremo a vedere come i pavimenti rientrano nel sistema HACCP: così come il resto del sistema produttivo, infatti, anche le pavimentazioni devono seguire un rigido protocollo di sicurezza, dalle norme igieniche ai principi per un corretto stato di conservazione.

Gli ambienti devono assicurare che venga svolta un’adeguata attività di manutenzione, pulizia e disinfezione: per questo le regole che riguardano la pavimentazione non sono affatto meno importanti e meno trascurabili degli altri principi riconducibili al sistema HACCP. 

La normativa HACCP e i suoi principi

L’acronimo HACCP sta per “Hazard Analysis and Critical Control Points” ovvero “Sistema di analisi dei pericoli e punti di controllo critico”: non è altri che un protocollo di sicurezza per garantire che gli alimenti che arrivano sugli scaffali dei supermercati e dei piccoli negozi – ma che finiscono anche nelle tavole di ristoranti, bar, mense scolastiche e industriali – vengano conservati in totale sicurezza.

Per questo gli operatori alimentari hanno l’obbligo di seguire pedissequamente tutte le norme e i principi previsti dal protocollo HACCP, a partire dalla prima fase di avvio dell’attività con particolare attenzione alla progettazione degli ambienti di lavoro. Ogni tipo di struttura e macchinario che, per qualsiasi tipo di attività svolta, entri a contatto con gli alimenti deve rispondere a precisi criteri di igienicità.

La certificazione HACCP nasce in tutt’altro ambito, grazie alle missioni spaziali negli anni Sessanta. Al fine di salvaguardare i viaggi nello spazio, bisognava assicurare che gli alimenti forniti agli astronauti non contenessero alcun rischio per la loro salute: tale esigenza aveva portato all’ideazione del protocollo negli Stati Uniti.

In seguito, è stato introdotto in Italia e nel resto d’Europa negli anni Novanta ed è diventato obbligatorio per tutti gli operatori del settore alimentare fino all’entrata in vigore definitiva della normativa nel 2006. Per venire incontro all’ampio scenario la Commissione Europea ha redatto alcune linee guida per semplificare l’applicazione delle prescrizioni in materia di igiene e sicurezza alimentare secondo la certificazione HACCP.

La certificazione HACCP prevede sette principi da cui nessuna azienda alimentare può permettersi in alcun modo di derogare. Si tratta di veri e propri comandamenti da rispettare per fare in modo che gli alimenti non producano danni alla salute del consumatore, riassumibili nel seguente elenco: 

  1. Individuazione dei pericoli e analisi dei rischi;
  2. Individuazione dei CCP (punti di controllo critici);
  3. Definizione dei limiti critici;
  4. Definizione delle procedure di monitoraggio;
  5. Definizione e pianificazione delle azioni correttive;
  6. Definizione delle procedure di verifica;
  7. Definizione delle procedure di registrazione.

Particolare rilevanza acquisiscono i CCP (Critical Control Point), i cosiddetti punti critici di controllo da individuare con l’obiettivo di eliminare o prevenire un pericolo di contaminazione alimentare. Il metodo adottato per individuare i processi da tenere sotto controllo per la prevenzione di danni è il cosiddetto “Decision Tree” (albero delle decisioni) con il quale si valuta se un passaggio all’interno della produzione o confezionamento di un alimento è da ritenersi un punto di controllo critico o solamente un punto di controllo.

Ogni fase rappresenta uno stadio di manipolazione degli alimenti, comprendenti la produzione primaria, la loro ricezione e trasformazione, l’eventuale confezionamento, la conservazione ed il trasporto, sino alla vendita al consumatore finale.

Le norme per la pavimentazione

Se si vuole aprire un’attività alimentare, che sia un ristorante o un pub o una sede industriale, bisogna tenere in considerazioni diverse regole e principi che riguardano la sicurezza e l’igiene dell’intero sistema produttivo, non meno importanti quelle che si riferiscono alla pavimentazione.

A questo proposito le norme del protocollo HACCP stabiliscono che gli ambienti del settore alimentare, tra cui i pavimenti, devono sempre assicurare l’adeguata attività di manutenzione, pulizia e disinfezione. Per fare ciò è necessario che sulle superfici venga evitato l’accumulo di sporcizia, il contatto con materiali tossici, la penetrazione di particelle negli alimenti e la formazione di condensa o muffa indesiderabile sulle superfici. 

I pavimenti possono essere costituiti da diversi materiali – dalle piastrelle in ceramica e vinile alla resina o all’acciaio inossidabile – purché le loro superfici siano lisce e compatte in modo da renderle facilmente lavabili e disinfettabili.

È assolutamente importante evitare qualsiasi ristagno di acqua rendendo fondamentale una corretta progettazione dei sistemi di drenaggio dei pavimenti. Inoltre, va ricordato che negli ambienti dove è previsto un elevato uso di acqua durante la preparazione degli alimenti è necessario realizzare pavimenti con una pendenza tale da indirizzare i liquidi verso dei chiusini di drenaggio. 

Quali materiali per i pavimenti a norma HACCP

Per rispettare appieno i principi del protocollo HACCP bisogna dotarsi di un pavimento fatto di materiali adeguati. I pavimenti ritenuti maggiormente adatti sono quelli in resina grazie alle caratteristiche presentate da questo materiale. Pavimenti come quelli classici in calcestruzzo non possono essere impiegati in aree di produzione o confezionamento perché dotati di superfici maggiormente esposte al deposito di sporcizia, basti pensare alle fughe delle piastrelle. Anche i pavimenti in klinker, nonostante la loro notevole resistenza alle abrasioni e ai graffi e la loro conformità al protocollo HACCP, presentano il limite assolutamente non trascurabile delle fughe.  

E quindi la resina resta la migliore soluzione per la pavimentazione negli ambienti alimentari. Essa, infatti, presenta un’ottima resistenza agli urti e alle aggressioni chimiche ma soprattutto le superfici composte da questo materiale rimangono integre ed è raro che possano essere frammentate da fattori esterni; se ciò dovesse avvenire è probabile che ci si trovi di fronte a una superficie realizzata ad un costo estremamente basso e non adatta alla destinazione d’uso. La compattezza di tali superfici consente di non disperdere liquidi e di evitare contaminazioni dell’ambiente di lavoro, aspetto fondamentale imposto dalle regole HACCP. Da tempo i pavimenti in resina sono i più utilizzati negli ambienti alimentari, inoltre presentano un ottimo rapporto tra il costo di realizzazione e la loro resa. 

I pavimenti industriali vengono interamente realizzati in opera ovvero l’intero sistema resinoso viene applicato in cantiere non limitandosi quindi all’installazione di un prefabbricato: ciò rende la fase di progettazione di fondamentale importanza. 

È importante sottolineare che il pavimento in resina deve essere progettato in funzione della specifica destinazione d’uso e che il sistema resinoso presenti possibilmente la certificazione antibatterica/batteriostatica secondo ISO22196:2011, ideale per combattere la proliferazione batterica. Ricordiamo che non esiste una vera e propria certificazione HACCP per i pavimenti e i sistemi di drenaggio da conseguire obbligatoriamente. 

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