Basta un dato per rendersi conto di quanto una legge antispreco sia necessaria in Italia: nel nostro Paese circa l’1% del PIL, vale a dire qualcosa come 16 miliardi di euro l’anno, viene letteralmente bruciato in pratiche di spreco alimentare.
Contrariamente a quanto si pensa, queste pratiche anti-ecologiche non avvengono principalmente nelle grandi distribuzioni alimentari, come supermercati o catene commerciali, ma in casa: lo spreco alimentare domestico vale infatti tra il 60% e il 70% del totale.
La necessità di una normativa che limiti tutto questo ha portato, nel 2016, all’approvazione della cosiddetta legge antispreco, proposta dall’onorevole Maria Chiara Gadda.
La legge 166/2016 conferma l’Italia tra i paesi che più si stanno adoperando nel mondo per contrastare la dilapidazione delle eccedenze alimentari, facendo chiarezza su nodi spinosi come la conservazione, la scadenza del cibo e le procedure di donazione. Andiamo a capire meglio come funziona.
Come funziona la donazione del cibo
Lo scopo della legge è quello di ridurre lo spreco dalla produzione al consumo attraverso tutta la filiera alimentare. La normativa, che in Italia è stata approvata a sei mesi di distanza da un’analoga legge francese – basata quest’ultima sulla penalizzazione delle condotte irregolari -, si concentra sull’incentivare i comportamenti virtuosi e sullo snellimento delle pratiche burocratiche relative alle donazioni volontarie delle eccedenze. In sostanza, chi non butta via il cibo viene premiato.
Ma vediamo cosa prevede la legge:
- La norma consente la raccolta di tutti i prodotti agroalimentari che solitamente restano a marcire nei campi, permettendo ai coltivatori di reinserirli nella filiera di distribuzione e di cederli a titolo gratuito ad associazioni di volontariato;
- I ristoratori devono permettere ai clienti l’asporto del cibo avanzato durante il pasto, la famosa Doggy Bag, che deve smettere di essere un tabù;
- È possibile donare gratuitamente tutti quegli alimenti che presentano etichette irregolari che non riguardino però la data di scadenza o la presenza di sostanze allergeniche;
- Non è richiesta nessuna pratica burocratica scritta per regolare le donazioni gratuite di cibo;
- Aumentata la collaborazione tra produttori e mense scolastiche, ospedaliere e aziendali;
- Incentivi per la produzione agroalimentare a chilometro zero;
- Vasta campagna di sensibilizzazione nelle aziende e nelle scuole (dove viene previsto uno specifico insegnamento sull’educazione alimentare) per combattere gli sprechi;
- Utilizzo degli alimenti non reinseribili nella filiera per il nutrimento degli animali d’allevamento.
Per quanto riguarda le aziende produttrici, il comportamento virtuoso viene premiato attraverso due specifici incentivi:
- Tassa sui rifiuti ridotta per chi dona le eccedenze;
- Finanziamenti economici per lo sviluppo di progetti di ricerca settoriali.
L’approvazione di queste specifiche norme ha consentito, dal 2016 ad oggi, la costruzione di un sistema strutturale che coinvolge tutti i protagonisti della filiera agroalimentare (dal coltivatore al consumatore, passando per associazioni no profit e istituzioni pubbliche). Questo sistema sta progressivamente modificando il modello culturale di base: l’eccedenza alimentare non viene più considerata dai produttori come merce di scarto, ma acquista un nuovo valore sociale trasformandosi in un vero e proprio modello di welfare a sostegno delle categorie più fragili della popolazione.
All’interno del più vasto progetto di transizione ecologica del Paese la legge 106/2016, con le sue successive integrazioni, si inserisce nello sviluppo di una nuova economia circolare coerente con le necessità del nostro tempo: riduzione dell’impatto ambientale delle condotte economiche e sociali dell’uomo.
Legge di bilancio 2018 e integrazione della 106/2016
Con l’approvazione della legge di bilancio del 2018, si è esteso il raggio d’azione della norma antispreco attraverso due specifici emendamenti, che allargano le agevolazioni fiscali già predisposte e semplificano ulteriormente le pratiche burocratiche.
Vengono inoltre considerati nel paniere dei prodotti donabili gratuitamente anche:
- Integratori alimentari;
- Presidi medico chirurgici;
- Prodotti farmaceutici;
- Cartolerie e cancellerie;
- Prodotti per la cura della casa e della persona;
- Biocidi (antiparassitari non agricoli).
Per tutto ciò che concerne i prodotti sanitari, viene allargato il bacino di donatori includendo grossisti, aziende di distribuzione farmaceutiche, farmacie e parafarmacie.
Vengono inoltre aperte nuove frontiere del recupero delle eccedenze e degli scarti: recupero dei prodotti sequestrati dalla Fiamme Gialle o dalle istituzioni, recupero di alimenti d’avanzo in grandi eventi sportivi o viaggi sulle navi da crociera.
Reazioni e primi risultati
Nel giugno del 2015 è lo stesso capo dello Stato Sergio Mattarella a condannare le condotte di sperpero alimentare, aprendo a tutti gli effetti la strada a una nuova legislazione a tutela di ambiente e fragili: «Lo spreco è un insulto alla società, al bene comune, all’economia del nostro come di ogni Paese. Alcuni progetti di solidarietà stanno dando risultati positivi. Occorre estenderli, valutando come intervenire con strumenti legislativi di sostegno. Ridurre gli sprechi è un grande impegno pubblico, a cui possono partecipare da protagonisti la società civile organizzata, il volontariato, il no-profit, la cooperazione, l’impresa privata».
La predisposizione di nuove norme antispreco ha quindi avviato un percorso di virtuosismo ecologico che ha permesso nel primo anno di applicazione una crescita netta nella donazione delle eccedenze alimentari.
Secondo la ONLUS Banco Alimentare, dall’entrata in vigore della legge nell’ottobre del 2016, le donazioni ricevute dalle grandi catene di distribuzione sono aumentate vigorosamente rispetto all’anno precedente. E ciò significa che le pratiche di economia circolare stanno contribuendo sensibilmente al sostegno delle categorie più bisognose della società.
Tuttavia, per contribuire e far decollare queste nuove prospettive ecologiche non bastano l’impegno di istituzioni, aziende produttrici e distribuzione. È necessario il coinvolgimento attivo della cittadinanza chiamata a partecipare al processo: cercare di non buttare via niente, di rispettare gli alimenti e i prodotti in eccedenza rimpiegandoli sotto nuove forme oppure donandoli.
Le associazioni di consumatori hanno stilato una serie di preziosissimi consigli per migliorare il nostro rapporto con gli scarti:
- Spesa consapevole (evitare di comprare prodotti già presenti in casa);
- Conservare correttamente gli alimenti per mantenere il più a lungo possibile la conservazione;
- Pianificare i pasti settimanali e comprare la quantità di alimenti necessaria;
- Non fare scadere mai gli alimenti;
- Congelare il cibo d’eccedenza se necessario.
La collaborazione tra filiera, istituzioni e consumo consapevole ha permesso per la prima volta nella storia, nel 2019, un’inversione di tendenza: lo spreco alimentare casalingo è diminuito anziché aumentare. Le famiglie italiane non solo sono diventate più consapevoli della necessità di condotte ecologiche, ma hanno capito che a guadagnarci è anche il portafoglio oltre che l’ambiente: secondo l’Osservatorio Waste Watcher lo spreco alimentare è costato a ciascuna famiglia una media di 4,9 € a settimana nel 2020 contro i quasi 6,7 € a settimana dell’anno precedente.
Spreco alimentare vs. ristorazione: contro il tabù della Doggy Bag
Negli ultimi anni, nel settore della ristorazione si sta diffondendo una sensibilità nuova, che ha permesso una gestione alimentare più efficiente, capace di coniugare acquisto, gestione delle scorte e domanda di consumo.
Con l’obiettivo di ridurre l’impatto ecologico, massimizzando il profitto e contenendo le spese alimentari, la ristorazione italiana si sta muovendo verso strategie di produzione green, basate sull’acquisto consapevole di materie prime ma anche sul riutilizzo delle eccedenze alimentari.
È qui che entra in gioco la famosa doggy bag: un tempo ritenuta poco elegante, oggi si è ripresa la scena. Sempre più clienti manifestano interesse nel riciclare il cibo avanzato durante il pasto – cibo che non finisce più nella ciotola del cane, ma viene riutilizzato dagli stessi una volta tornati a casa, o nei giorni successivi.
Ciò ha permesso, soprattutto negli ultimissimi anni, l’evoluzione della doggy bag sia dal punto di vista funzionale che estetico. Quello che una volta era semplice materiale per avvolgere il cibo, come alluminio o carte impermeabili, oggi si è trasformato in un oggetto di design attento all’ambiente.Costruite con materiali biodegradabili, divise in scompartimenti per impedire la contaminazione alimentare e con forme sempre più eleganti, le doggy bag oggi non sono più oggetto di vergogna, ma rappresentano un concetto nuovo di stile.