Il pane del centurione: il nuovo prodotto Ireks Italia

Casereccio, Carasau, pagnotta, pitta, di Altamura o di Lariano, nero, di segale, ai cereali, baguette…Parlare di pane apre veramente un mondo, fatto di specificità nazionali, regionali e ancor più locali. 

Ognuno ha sicuramente la sua tipologia preferita, in base ai propri gusti, ricordi, esperienze personali. Per un ristoratore, scegliere il pane “giusto” da servire ai propri clienti è veramente un’impresa impossibile. Come fare allora? 

Un’idea è quella di puntare sull’originalità. In tal senso, la Ireks Italia propone il pane del centurione, che ci porta indietro nel tempo fino all’epoca dell’antica Roma, offrendo un’esperienza davvero unica che abbina gusto, storia, scoperta di nuovi sapori.

Scopriamo allora insieme cos’è il pane del centurione, la sua storia e le sue caratteristiche.

Cosa mangiavano gli antichi Romani?

Degli antichi Romani sappiamo ormai quasi tutto, grazie alla grande mole di documenti dell’epoca (pensiamo a Plinio il Vecchio, o a Tacito, ma non solo) e agli studi che nei secoli hanno approfondito la storia di Roma, sia nell’epoca repubblicana che in quella imperiale. La storiografia non si è soffermata dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali della Roma antica, ma è andata ancora più a fondo, analizzandone tutti i possibili aspetti, compresi quelli legati alla cucina e all’alimentazione.

In particolare, gli studiosi si sono posti una domanda: se Roma ha conquistato territori immensi, grazie alla potenza del suo esercito, cosa mangiavano i soldati romani?

Per anni si è sostenuto che i soldati romani mangiassero in maniera frugale, e alquanto male. Tuttavia, se pensiamo a quanti chilometri macinavano nei loro spostamenti, ai carichi che portavano con loro, alle dure battaglie e spesso agli aspri climi con i quali avevano a che fare, tutto ci fa pensare a un’alimentazione tutt’altro che scarsa, adatta a sostenere le fatiche fisiche a cui i soldati erano sottoposti. Un esercito mal nutrito non avrebbe avuto le forze per affrontare una guerra.

Certamente bisogna fare delle distinzioni: la vita in accampamento, durante i mesi di pausa delle ostilità, era ovviamente differente da quella durante i periodi di battaglia o di spostamento. In questo secondo caso, l’alimentazione risultava meno varia, ma non per questo più scarsa, anzi: era necessario portare con sé più scorte possibili per evitare di rimanere a secco, visto le difficoltà che si potevano riscontrare nel reperire cibo, cosa che ovviamente non capitava se ci si stanziava per un certo lasso di tempo in un territorio, potendo quindi contare, per esempio, sui commerci con venditori locali.

Ma cosa mangiavano i legionari?

Solitamente, un soldato romano poteva contare su tre pasti principali, che ricalcano quelli che facciamo ancora noi oggi.

La mattina il legionario romano iniziava la giornata con una colazione abbondante, fatta di pane o gallette di farro, a cui venivano abbinati miele, formaggi, ciò che era avanzato dalla cena della sera prima, a cui a volte si aggiungeva della frutta.

Il pranzo, il secondo pasto della giornata, era solitamente composto da verdure, lardo, legumi, a volte del pesce affumicato, e gallette.

Infine, come ultimo passaggio dell’alimentazione quotidiana, a cena un legionario romano mangiava zuppa di cereali, sostituita a volte con della carne, soprattutto dopo l’incontro con i popoli del Nord Europa, che ne erano consumatori molto più abituali. Ad accompagnare la “portata principale” vi era pane, o focacce. La cena era sicuramente il pasto più importante, abbondante ed energetico della giornata, e veniva consumato la sera prima del tramonto.

Il pane del legionario: l’importanza del farro

Da questa panoramica, emerge un fattore che lega i tre momenti della colazione, del pranzo e della cena: la presenza del pane. Come visto, il pane è infatti l’elemento che accomuna i pasti del legionario romano. Possiamo quindi dire che si trattava dell’alimento base della dieta di un soldato dell’antica Roma.

Fatte queste premesse, scopriamo allora insieme com’era fatto il pane di un legionario.

Partiamo col dire che era diverso da quello che portiamo oggi sulle nostre tavole. Durante la fase più remota della storia di Roma, quella dell’era monarchica e poi di quella repubblicana, il principale cereale utilizzato dagli antichi Romani era il farro.

Esaminando le fonti, si scopre infatti che i soldati avevano un approvvigionamento composto da due parti: il Commeatus, che raccoglieva tutte le vettovaglie, e il Frumentatio, che invece erano le scorte di frumento. Già da questa divisione si capisce l’importanza di questo alimento per i romani. Il farro era originario della Palestina, e si stima che venne introdotto nella penisola italica intorno all’VIII secolo a.C. 

I primi a fare uso di questo alimento furono gli Etruschi, a cui fecero seguito i Romani. Il farro aveva delle caratteristiche che lo rendevano davvero un ottimo alimento: per esempio la sua coltivazione era molto facile, e poteva essere portata avanti anche su terreni poveri e in condizioni climatiche con temperature rigide. Tuttavia, la raccolta poteva essere difficoltosa, poiché i chicchi, una volta maturati, cadevano a terra. 

Questo non ne impedì una larga diffusione sia nella società romana a più ampio spettro sia tra i soldati, anche per la facilità del trasporto. A chi prestava servizio nell’esercito veniva infatti distribuita ogni mese una certa quantità di farro, il cui valore veniva detratto poi dalla paga. Una volta ottenuto il cereale, il legionario lo inseriva in una bisaccia, per utilizzarlo sia durante la marcia, masticandone i chicchi, sia poi una volta stanziato l’accampamento, macinandolo. È molto probabile che venissero prodotte delle scorte, in modo tale da poterle utilizzare con rapidità. Con il farro veniva prodotta il libum , la focaccia di farro

La ricetta era semplice: la farina di farro, ottenuta macinando i chicchi, veniva mescolata con ricotta o formaggio stagionato, miele, sale, foglie di alloro, e olio, fino a ottenere quella che oggi noi potremmo associare a una pizza cotta al forno. 

Il pane del legionario: la scoperta del grano

Una volta allargati i propri domini e venuti a contatto con altre popolazioni, i Romani impararono le tecniche della panificazione. Come riporta Plinio il Vecchio, nell’antica Roma si era soliti consumare focacce non lievitate e la polta, una zuppa dalla consistenza densa, che veniva preparata schiacciando i grani di cereali che poi venivano bolliti nell’acqua.

Per quanto riguarda i soldati, facevano largo uso di quello che veniva chiamato pane militaris, che pesava circa il trenta percento in più del grano, e che veniva cotto su un letto di foglie di alloro, che poi venivano aggiunte, messe sulle pietre del focolare. Per fare una similitudine con qualcosa a noi noto, possiamo pensare a una pizza dalla forma abbastanza schiacciata. Il pane militaris era fatto con farina, acqua, olio, a cui venivano aggiunti sale, pepe, e a volte scarti del maiale, che lo rendevano decisamente saporito. 

Rispetto alla galletta, che, come abbiamo visto, aveva accompagnato per lungo periodo i pasti dei legionari, questo pane risultava più morbido. Durante la tarda epoca imperiale, intorno al III sec. d.C., ne esistevano due tipologie: il pane mundus, o candidus, dal colore chiaro, veniva prodotto nelle città e dato alle truppe delle caserme; il pane castrensis, utilizzato in particolare negli accampamenti durante le lunghe campagne belliche. Questo secondo tipo aveva la caratteristica di mantenersi più a lungo, il che lo rendeva perfetto al suo scopo.


Come abbiamo visto, fin dall’antichità il pane è stato alla base della nostra alimentazione. Ancora oggi, è un alimento indispensabile nella nostra dieta. Chi gestisce un ristorante sa l’importanza di presentare sulle proprie tavole del pane di qualità, sia per accompagnare il pasto, sia come “presentazione” del locale. Infatti, il pane è la prima pietanza offerta al cliente. Puntare quindi su qualità e varietà è certamente una strada vincente. Affidandosi a Ireks Italia, che propone un’ampia offerta di mix per la panificazione, si può essere sicuri di coniugarle in maniera perfetta. 

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