L’onorevole Mirco Carloni, presidente della commissione Agricoltura della Camera, ha presentato un disegno di legge contro la pratica del meat sounding. Tale proposta stabilisce le regole per la denominazione dei prodotti di origine vegetale. In altre parole, si ridefiniscono le regole di denominazione per tutti molti degli alimenti destinati al mercato “veg”.
Cos’è il Meat Sounding
Vediamo innanzitutto di cosa si tratta: col termine meat sounding ci si riferisce alla pratica di promuovere e vendere prodotti vegetariani o vegani usando nomi che richiamano ingredienti di origine animale, come ad esempio “hamburger vegetali” o “salsicce vegane”.
Tuttavia, l’utilizzo di tali denominazioni solleva questioni sulla loro legittimità. È importante considerare il punto di vista dei consumatori a cui tali prodotti vengono presentati e come potrebbero reagire di fronte a nomi che richiamano alimenti di origine animale.
Il problema del meat sounding consiste nel rischio di confondere i consumatori riguardo alla natura effettiva del prodotto. Sebbene dal punto di vista delle strategie di marketing l’utilizzo di questo tipo di denominazioni possa risultare vincente, poiché consente di associare gli alimenti vegetali a prodotti già noti, si corre il rischio di creare confusione nei consumatori finali. Infatti, l’utilizzo di nomi di prodotti di origine animale potrebbe far pensare ai consumatori che i prodotti vegetali siano simili a quelli di origine animale, quando in realtà presentano caratteristiche nutrizionali e di produzione diverse.
Ad esempio, un consumatore che acquista un “hamburger vegetale” potrebbe pensare che tale prodotto sia simile a un hamburger tradizionale, quando in realtà contiene ingredienti differenti e presenta caratteristiche nutrizionali diverse. Inoltre, l’associazione di specifiche denominazioni a determinati metodi di produzione e luoghi di provenienza potrebbe ulteriormente aumentare la confusione. È importante ricordare che un prodotto di origine vegetale non può mai contenere le stesse sostanze di uno a base di carne e che i consumatori non dovrebbero mai essere spinti a pensarlo.
Il disegno di legge
Il disegno di legge presentato dall’onorevole Mirco Carloni, presidente della commissione Agricoltura della Camera, si propone di proteggere le produzioni zootecniche italiane dall’utilizzo improprio di nomi riservati ai prodotti a base di carne. L’obiettivo è garantire che i consumatori siano informati sulle differenze nutrizionali tra prodotti di origine animale e quelli contenenti proteine vegetali.
Il provvedimento, intitolato “Disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali”, prevede alcuni divieti volti a evitare che i consumatori siano ingannati riguardo alle caratteristiche, agli effetti e alle proprietà del prodotto contenente proteine vegetali. In particolare, l’uso di denominazioni riferite alla carne, ai prodotti a base di carne o ai prodotti ottenuti in prevalenza da carne, nonché di riferimenti a specie animali, gruppi di specie animali, morfologie o anatomie animali, terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria e nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali, verrà vietato.
Le imprese che violano tali divieti saranno soggette a sanzioni pecuniarie che potranno arrivare fino a 7.500 euro, a seconda della quantità di prodotto venduto o distribuito gratuitamente.
Il disegno di legge sarà discusso nelle prossime settimane all’interno della commissione Agricoltura.
L’obiettivo è quello, secondo Carloni, di proteggere l’agricoltura e la zootecnia nazionali, garantendo al contempo la sicurezza alimentare dei consumatori e il loro diritto all’informazione. Il provvedimento si applica a prodotti alimentari contenenti proteine vegetali legalmente prodotti e commercializzati sul territorio italiano.
La situazione attuale
Per il momento non c’è una legge europea univoca che regoli l’etichettatura dei prodotti di “carne non carne” o di carne in vitro, ma ci sono dei movimenti in tal senso. Secondo la professoressa Sirsi, è probabile che l’Unione Europea intervenga presto per stabilire l’uso di questa parola, al fine di rispondere alle richieste di chiarezza provenienti da diverse parti. La situazione attuale, infatti, crea problemi di concorrenza e di definizione delle relazioni commerciali tra gli operatori, oltre che per i consumatori. A livello amministrativo, inoltre, si pone la delicata questione del sostegno al settore agricolo, tenendo sempre conto di un giusto equilibrio tra allevatori e coltivatori. Allo stesso tempo, esiste una norma generale sulla denominazione alimentare e un precedente simile al problema del meat sounding.
La Francia ha recentemente introdotto l’art. 654-23 nel suo Code Rural et de la pêche maritime, il quale stabilisce che le denominazioni associate ai prodotti di origine animale non possono essere utilizzate per commercializzare prodotti contenenti una parte significativa di materie di origine vegetale. Questa decisione è simile a quella proposta a livello europeo, ma l’iter è diverso, poiché in Francia tale norma è già in vigore.
Ci si chiede quindi come si comporterà l’Unione Europea in merito alla questione. Potrebbe essere possibile che l’UE decida di lasciare che ogni paese si regoli autonomamente, ma ciò potrebbe aprire la strada a ulteriori criticità all’interno del mercato unico.