Come si apre un home restaurant

Il settore della ristorazione è in continua evoluzione, tra nuovi gusti, richieste sempre più particolari, attenzione sempre maggiore a provenienza e sicurezza alimentare. In questo contesto, nascono e si sviluppano nuove forme di ristorazione: una delle più recenti è quella degli home restaurant.

Si tratta indubbiamente di un’esperienza molto gradita ai clienti, un’alternativa originale ai classici ristoranti o pizzerie. Inoltre, gli appassionati di cucina possono entrare nel settore, trasformando la loro passione in una vera e propria professione, con investimenti iniziali certamente molto inferiori rispetto all’apertura di un locale.

In questo articolo vi guideremo alla scoperta di questa nuova tendenza, capendo innanzitutto cosa si intende con home restaurant, quale sia la legislazione in materia, e infine dando uno sguardo sui costi e sui requisiti per aprire un’attività di questo tipo.

Cos’è un home restaurant

Con home restaurant si intende una tipologia di attività che rientra nel settore della ristorazione, senza tuttavia necessitare di un classico locale, attrezzato e organizzato, perché la cena si svolge all’interno di un appartamento privato.

Questa moda nacque all’inizio degli anni Duemila negli USA, diffondendosi poi in Inghilterra e in tutta Europa, grazie soprattutto ai social network. È infatti grazie ai nuovi mezzi di comunicazione che gli home restaurant vengono promossi, permettendo quindi a proprietari di casa appassionati di cucina di ospitare sconosciuti in casa propria, proponendo menu specifici e originali e consentendo così di associare passione e guadagno.

Esistono due tipi diversi di home restaurant, che rispecchiano due forme differenti di intendere questa attività:

  • Social eating: si tratta in questo caso di una cena organizzata in modo tale che si siedano allo stesso tavolo persone che non si conoscono. Il senso principale di questa forma è quindi quello di promuovere la socialità, di fare nuove conoscenze, naturalmente tutto accompagnato dal menu promosso dai padroni di casa, che dovranno anche essere capaci di accompagnare gli ospiti nelle conversazioni e nella conoscenza reciproca;
  • Tourist eating: come si capisce dal nome, questa formula prevede cene organizzate per turisti, provenienti da altre città o dall’estero, che in questo modo possono riuscire a gustare i prodotti tipici (questo è quello che di solito si chiede, e il proprietario-cuoco dovrà tenerlo presente nel suo menu) in un ambiente informale, vivendo un’esperienza del tutto originale che potranno raccontare al loro rientro.

Chi vuole aprire un home restaurant deve quindi scegliere la formula più adatta alle proprie esigenze e capacità. Anche sul versante del pagamento esistono diverse possibilità. In alcuni casi si prevede una quota per ogni cena, in modo tale da coprire le spese della cena, con variazioni quindi di volta in volta. Altri proprietari hanno invece organizzato una specie di associazione, con un’iscrizione (annuale o mensile) la cui sottoscrizione consente la partecipazione a ogni evento previsto in quel lasso temporale.

È bene sottolineare che in ogni caso si tratta di cuochi principianti, e questo è uno dei fattori che lo differenziano dai ristoranti. Un’altra caratteristica è il suo essere pensato spesso come una forma di attività alternativa, per arrotondare il proprio stipendio a fine mese. Tuttavia, perché non trasformarla in una vera e propria attività continuativa e abituale, sviluppandola fino a farne la propria fonte di entrata principale? Vediamo cosa prevede la legge nel caso si volesse intraprendere questa strada.

La legislazione sugli home restaurant

Nonostante si contino ormai migliaia di home restaurant sul territorio italiano, questa nuova tipologia di attività non ha ancora una chiara legislazione di riferimento. Diversi governi hanno tentato di colmare il vuoto normativo che aveva accompagnato la nascita degli home restaurant, ma i diversi disegni di legge presentati non hanno mai completato l’iter parlamentare.

Le contestazioni dell’Agcm

Tra i vari progetti di legge bisogna ricordare sicuramente il n. 3258 del 28/07/2015, «Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant)», presentato dall’onorevole Minardo, approvato alla Camera ma rimasto arenato in Senato. La causa è da ricercare anche nel parere contrario dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha sollevato diverse critiche. L’Agcm si concentrò in particolare:

  • su possibili discriminazioni verso i ristoratori tradizionali e verso tutti i clienti ancora non avvezzi all’uso di sistemi digitali; 
  • sull’obbligo di pagare prima di aver beneficiato della prestazione, proprio per l’utilizzo di piattaforme digitali per il pagamento;
  • sul tetto massimo dei coperti (500 l’anno) e di reddito annuo (5000€) previsti per gli home restaurant, in aperto contrasto con i principi di libertà economica.

Gli ultimi passi verso una chiara legislazione sugli home restaurant

Nel 2018 la deputata Sara Moretto ha presentato un nuovo progetto di legge, «Disciplina dell’attività di home restaurant», anche in questo caso rimasto tale. 

In questo contesto di vuoto normativo, sono importanti i pareri dei Ministeri competenti. In particolare il MISE, con la nota n. 17890 allegata alla Risoluzione n. 493338, ha precisato che l’attività di home restaurant, anche se esercitata saltuariamente (ma non in maniera del tutto occasionale), e rivolta a un numero di soggetti limitato, può essere «classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande», perché i locali sono comunque attrezzati e aperti alla clientela, con uno scambio prestazione/pagamento che ne fa in tutto e per tutto un «servizio organizzato e rivolto al pubblico».

Rientrando quindi nella categoria di attività di «somministrazione di alimenti e bevande», il Ministero dello Sviluppo Economico chiarisce alcuni punti:

  • può essere esercitata solo da chi possiede i requisiti di onorabilità e professionalità previsti dall’art. 71 del dlgs n. 59 del 26 marzo 2010;
  • è necessaria la presentazione di una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), svolgendosi in zone non tutelate (nel caso contrario serve una richiesta di autorizzazione);
  • è sottoposta a controlli e sanzioni comuni a tutti gli esercizi pubblici.

Come spesso accade, spesso il vuoto normativo lasciato dal legislatore è colmato dal sistema giudiziario. Con la pronuncia 139/2019, il Giudice di Pace di San Miniato ha condannato il Comune di Monopoli, che con un’ordinanza aveva stabilito la chiusura di un home restaurant, multando il proprietario, per la mancata presentazione della SCIA. Il Giudice di Pace ha riconosciuto che, per aprire un home restaurant, non è necessario presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività.

Home restaurant: requisiti e costi

Insomma, gli home restaurant sono quindi equiparati ai classici ristoranti, dal punto di vista normativo, il che obbliga chi vuole aprire questo tipo di attività a seguire una rigida trafila burocratica per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie. Ma quali sono i requisiti per poter aprire il proprio restaurant? E quali i costi?

Requisiti per aprire il tuo home restaurant

L’apertura di questo nuovo modo di interpretare la ristorazione deve sottostare ad alcune condizioni. Vediamole nel dettaglio:

  • il titolare dell’attività deve avere i requisiti di onorabilità e professionalità (legge 59 del 2010, art. 71). Insomma, non è consentito gestire un home restaurant a delinquenti abituali, condannati per delitto non colposo;
  • il cuoco deve aver conseguito un diploma presso un istituto alberghiero (o titolo equipollente);
  • aver lavorato per almeno 2 anni nel settore della ristorazione negli ultimi 5 anni;
  • ottenere un attestato del corso SAB (somministrazione di alimenti e bevande);
  • ottenere un attestato del corso HACCP, con il quale assicura ai propri ospiti/clienti di seguire le norme igienico-sanitarie previste per legge;
  • mettere a norma i locali nel quale svolgerà la propria attività;
  • seguire correttamente le norme di conservazione e imballaggio degli alimenti.

Quanto costa aprire un home restaurant?

Come si può ben intuire, è ovvio che aprire un home restaurant ha costi decisamente inferiori rispetto a un classico locale. È infatti possibile iniziare la propria attività casalinga praticamente a costo zero, utilizzando quindi le attrezzature a propria disposizione senza investimenti iniziali, se non quello delle materie prime (meglio se a km 0). Naturalmente in questo caso i costi possono variare: un conto è proporre una cena con prodotti e piatti tipici del proprio territorio, un conto è invece presentare un menu gourmet.

Altrettanto ovvio è l’abbattimento totale del costo dell’affitto o dell’acquisto di un locale, visto che si svolge tutto nella propria abitazione privata. 

Anche dal punto di vista della pubblicità, è importante avere qualche dimestichezza con i principali social network. A quel punto sta al titolare decidere se usufruire delle possibilità offerte gratuitamente dal web, o investire maggiormente, pagando alcuni servizi pubblicitari ad hoc.Al netto della trafila burocratica e della legislazione ancora in divenire, aprire un home restaurant non è così complesso. È per questo motivo che oggi si stimano circa 14.000 home restaurant sul territorio italiano.

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