Continuiamo con il nostro approfondimento sulle normative riguardanti il settore agroalimentare. In questo articolo andremo a trattare in particolare della normativa riguardante gli allevamenti di bovini.
Come sappiamo, la carne rappresenta uno degli alimenti alla base della tradizione culinaria non solo italiana, ma di molti altri Paesi al mondo. Chi nel proprio ristorante introduce piatti a base di carne, sa certamente di andare incontro ai desiderata dei propri clienti.
Ma è anche opportuno selezionare bene la carne da proporre, informandoci sulla provenienza e scegliendo i tagli di carne più adatti alle esigenze del nostro locale e aderenti alla propria identità. Quindi, sempre meglio farsi consigliare dal nostro fornitore di fiducia, che sicuramente può offrirci indicazioni anche sulle modalità di allevamento, che devono rispettare alcuni standard e determinate regole per garantire una carne di ottima qualità.
Passiamo quindi ora a capire quali sono le norme relative agli allevamenti dei bovini, partendo da una classificazione delle modalità di allevamento, vedendo cosa prevede la legge per registrazione e identificazione dei capi, e infine focalizzando l’attenzione sulla produzione biologica.
Le modalità di allevamento
Per prima cosa, crediamo sia opportuno gettare uno sguardo su quelle che sono le diverse tipologie di allevamento, in modo tale da avere una panoramica generale che può permetterci in seguito di soffermarci sui dettagli.
Gli allevamenti possono essere classificati in quattro modalità differenti:
- Intensivo: questo sistema di allevamento si caratterizza da un’elevatissima densità (molti animali in pochissimo spazio), il che rende praticamente impossibile il movimento degli animali, costretti a non poter esprimere i naturali comportamenti. A ciò si aggiunge anche la mancanza, o comunque la scarsità, di illuminazione naturale. Questa tipologia di allevamento, basato su dinamiche industriali e sulla meccanizzazione dei processi, nuoce sicuramente agli animali, impattando sia sul loro stato psicologico, sia sulla qualità della carne prodotta;
- estensivo al coperto: rispetto alla precedente tipologia, in questo caso si ha una minore densità e una maggiore possibilità di movimento per gli animali, in modo tale che siano in grado anche di esprimere più liberamente i propri comportamenti tipici;
- all’aperto: in questo caso, possiamo affermare senza nessun dubbio di sorta che gli animali vivono in condizioni molto più naturali, dignitose, e soprattutto che rispettano maggiormente il loro benessere sia fisico che psicologico. La possibilità di muoversi all’aperto, in spazi più ampi di quelli di un allevamento intensivo, è un fattore chiave anche per la qualità della carne che verrà prodotta da questi capi;
- biologico: tra tutti, quello biologico è sicuramente il tipo di allevamento che tutelano maggiormente il benessere degli animali. L’allevamento biologico, rispettando i principi dell’agricoltura bio, assicura ai capi un’esistenza sicuramente più adatta alle esigenze di ogni specifica specie, escludendo tra l’altro l’utilizzo preventivo di antibiotici o altri farmaci di vario tipo. Allo stesso tempo, l’allevamento biologico si propone di attuare pratiche che si pongano l’obiettivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e, non in ultimo, delle risorse naturali nel loro complesso.
Questa classificazione ci aiuta a capire subito come è stato allevato il bovino, dal quale è stata prodotta la carne che stiamo per acquistare e poi servire, in modo tale da poter scegliere sia orientandoci verso l’aspetto qualitativo, ma anche sulla base di un interesse verso la tutela dell’ambiente, oggi argomento centrale nella discussione pubblica, che si riversa anche sulle scelte dei consumatori.
Tuttavia, bisogna dire come venire a conoscenza di queste informazioni non è sempre semplice.
Infatti, le norme in materia di etichettatura prevedono alcuni obblighi, ma restano vaghe su altri. Per esempio, l’etichetta di un prodotto a base di carne deve indicare il luogo di origine, macellazione e allevamento, mentre quelle sulle modalità di allevamento rimangono delle indicazioni facoltative, che possono essere esplicitate oppure no. Quindi, chi alleva bovini, può decidere se specificare le modalità di allevamento oppure no, in base alle proprie esigenze e convenienze.
Avere un fornitore di fiducia o, ancora meglio, un filo diretto con un allevatore, è sicuramente il modo migliore per ovviare a queste mancanze a livello legislativo e garantire ai clienti carni di ottima qualità e prodotte rispettando animali e ambiente.
Ma quali sono le norme che deve seguire chi alleva i bovini?
Registrazione e identificazione degli animali
Il primo passo che deve compiere un allevatore di bovini è quello di iscrivere la propria azienda alla Banca Dati Nazionale. La registrazione deve avvenire qualsiasi sia la quantità di capi ospitati, anche se fosse una sola unità.
Anche se noi ci soffermeremo solo sugli allevamenti di bovini, è bene quantomeno accennare che questa anagrafe zootecnica è prevista anche per l’allevamento di ovini, caprini, suina, per la carne di origine avicola, e anche per le api e l’acquacoltura.
Ogni struttura che custodisce bovini (ma anche bufalini) deve dichiarare una serie di informazioni al sistema:
- la tipologia di “allevamento” e le modalità di allevamento (“estensivo”, “intensivo”, “transumante”, “brado”);
- la cosiddetta “stalla di sosta”, ossia la struttura per il ricovero temporaneo degli animali;
- l’orientamento produttivo: in questo caso si fa una differenziazione tra l’allevamento “da latte” e quello “da carne”;
Secondo le normative europee in materia, l’allevatore è obbligato a identificare i propri animali entro i 20 giorni dal giorno della nascita. Se si tratta di capi invece importati da Stati non comunitari, il termine decorre dal momento in cui sono stati introdotti sul territorio nazionale. Se invece gli animali sono stati prelevati da una struttura allocata in un Paese membro, si manterrà l’identificativo dell’azienda di origine.
Il processo di identificazione avviene grazie a due marche auricolari, facilmente riconoscibili grazie al loro colore giallo (rosso salmone per gli animali iscritti ai libri), che vengono apposte su entrambe le orecchie. Questi due segnali distintivi devono recare il codice identificativo dell’animale, che viene assegnato proprio dalla Banca Dati Nazionale nel momento della registrazione. Il codice si compone di 14 caratteri alfanumerici, quindi sia numeri che lettere.
Le marche auricolari vengono quindi fornite proprio dalla BDN successivamente alla richiesta effettuata dallo stesso allevatore, e verificata dal servizio veterinario della Asl di competenza. Generati i codici, il capo identificato viene registrato nel sistema entro sette giorni dalla marcatura.
Nel caso l’allevatore preveda un trasferimento dell’animale all’estero, deve richiedere il passaporto, documento necessario in questa situazione.
Ogni allevamento deve inoltre prevedere un registro dell’azienda, cartaceo o digitale, in cui il proprietario deve riportare con regolarità, aggiornandoli, alcuni dati:
- le informazioni anagrafiche della struttura e di ogni animale (codice identificativo individuale, data di nascita o ingresso in stalla, data di identificazione, razza, sesso, codice identificativo della madre)
- chi è incaricato del trasporto, riportando i numeri di matricole dei mezzi utilizzati per gli spostamenti degli animali;
- gli estremi identificativi del documento di provenienza e destinazione;
- gli eventi principali riguardanti l’allevamento: nascite, morti, entrata e uscita dei capi, con data, provenienza e destinazione; eventuali furti e smarrimenti.
Gli allevamenti biologici di bovini
Ci soffermiamo ora su un particolare tipo di allevamenti, quello biologico, per il quale valgono delle regole specifiche riportate nel Regolamento UE 2018/848, che riguarda in generale i prodotti biologici.
Per quel che concerne nello specifico gli allevamenti, la normativa prevede che debbano essere seguiti metodi naturali di riproduzione, escludendo quindi pratiche come l’embryo transfer o la clonazione, ma non l’inseminazione artificiale. È vietato inoltre l’utilizzo di ormoni o sostanze simili.
La norma prescrive inoltre che i capi da allevare siano scelti seguendo il criterio della razza, privilegiando quindi la diversità genetica e la capacità degli animali di adeguarsi alle condizioni del luogo di allevamento. Questo è un aspetto molto importante, poiché in questo modo si tengono in considerazione alcuni criteri importanti come valore genetico della razza, la longevità e vitalità degli animali, la loro resistenza alle malattie.
Inoltre, viene data la precedenza all’allevamento di razze e linee genetiche autoctone. Tutto ciò è stato regolamentato per tutelare il benessere degli animali, evitandogli traumi e sofferenze derivanti per esempio dal vivere in un habitat diverso da quello tradizionale e più adatto alle loro caratteristiche.
Una volta scelti i capi, si passa quindi alla fase di allevamento, di cui una parte fondamentale riguarda l’alimentazione. Innanzitutto, i mangimi devono essere prodotti “principalmente” nella stessa azienda, oppure devono provenire da altre sempre però biologiche, che operino nella stessa regione geografica. L’alimentazione deve essere portata avanti seguendo i vari stadi dello sviluppo dell’animale, soddisfacendo il fabbisogno nutrizionale il quale, ovviamente, cambia, nel tempo.
Quindi, è vietata la cosiddetta “alimentazione razionata”, se non per urgenti motivi veterinari. Esclusa invece senza possibilità di deroga è l’alimentazione “forzata”, così come l’utilizzo di stimolanti della crescita e amminoacidi sintetici.
Per quanto riguarda gli animali appena nati e ancora in fase di svezzamento, si deve far ricorso al latte materno.
Altro aspetto caratterizzante l’allevamento biologico è il pascolo, a cui i bovini devono poter avere accesso ogni volta che le condizioni lo consentano. Quasi scontato dire che animali allevati in modo biologico devono accedere a pascoli biologici, con alcune deroghe definite in maniera dettagliata dalla normativa.
Come visto, ci sono molte norme che gli allevatori devono seguire. Ma anche se possono sembrare in alcuni casi stringenti, servono a tutelare sia il benessere dell’animale, che la sicurezza del consumatore.